Tra la fine del 2024 e l’inizio del nuovo anno si attendono incrementi degli assegni pensionistici. Chi potrà tirare un sospiro di sollievo?
Nelle ultime settimane sono circolate indiscrezioni su un possibile aumento delle pensioni durante i mesi invernali. La notizia ha destato enorme entusiasmo in tantissimi contribuenti, soprattutto in quelli stremati dai rincari del costo della vita.
Ma per quale motivo gli importi degli assegni cambieranno? Una della cause è l’anticipo del conguaglio legato al tasso di inflazione definitivo per il 2024. All’inizio di ogni anno, infatti, l’INPS attribuisce alle pensioni il tasso di inflazione provvisorio, comunicato dall’ISTAT. Tale dato, però, è nella maggior parte dei casi inferiore a quello effettivo, che viene calcolato tra ottobre e novembre.
Per il 2024, ad esempio, il tasso definitivo è pari al 5,4% e, dunque, i pensionati avranno diritto agli arretrati, che potrebbero essere pagati già a dicembre. Ma non tutti avranno diritto alla rivalutazione piena. Chi sono gli esclusi? Scopriamolo.
Per il mese di dicembre si attende il riconoscimento a conguaglio delle somme legate alla rivalutazione delle pensioni, che segue l’andamento del tasso di inflazione registrato dall’ISTAT. Per questo motivo, nell’ultimo mese del 2024, gli assegni aumenteranno notevolmente.
Mentre a gennaio 2025 verrà applicata la rivalutazione vera e propria. Al riguardo, tuttavia, ci sono una serie di dubbi giudiziari, per via della modalità in cui avviene la rivalutazione. Il sistema attuale stabilisce degli scaglioni, con un incremento del 100% del tasso di inflazione per gli assegni inferiori a 4 volte il minimo, dell’85% per gli assegni di importo compreso tra 4 e 5 volte il minimo, del 53% per quelli fino a 6 volte il minimo, del 47% per quelli fino a 8 volte il minimo, del 37% per le pensioni fino a 10 volte il minimo e del 22% per quelle superiori a 10 volte il minimo.
Questo meccanismo, però, è stato impugnato innanzi alla Corte Costituzionale da un pensionato che percepiva un assegno lordo mensile maggiore di 5.000 euro e che era stato destinatario di una rivalutazione inferiore, proprio in virtù di tale sistema. I giudici dovranno decidere se è legittimo che le pensioni con importo più elevato subiscano tale taglio o se si configura una violazione del diritto costituzionale a una retribuzione consona alla qualità e alla quantità del lavoro compiuto.
Ma ci sono anche prestazioni che non verranno penalizzate e che, dunque, saranno incrementate da gennaio al 100%, in misura pari all’1,6%. Si tratta delle cd. pensioni minime, che non subiranno modifiche, a prescindere dalla decisione della Corte Costituzionale e continueranno a essere rapportate in misura piena al tasso di inflazione.
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